[strega 2000] Our Hate Is A Killing Curse

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  1. Eve A. Le Querrec
     
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    I suoi trascorsi da Spezzaincantesimi le hanno permesso di tollerare di buon grado gli ultimi periodi, caratterizzati da un continuo spostamento di locanda in locanda nell'attesa di trovarsi una sistemazione decente e stabile. Aver ripreso possesso di Leaf Cottage comunque la mette di buon umore, cosa che facilmente può esser intuita grazie a quella smorfia compiaciuta che ha irrimediabilmente stampata in volto. E’ proprio qui che si trova in questo momento, naturalmente sola, con la radio accesa su una stazione casuale e più per riempire il silenzio che per reale interesse nei riguardi delle parole degli speaker. Lei armeggia con il contenuto dello scatolone che ha appena riportato alle sue reali dimensioni; l’unico che le è servito per trasportare i suoi oggetti personali, decisamente troppo pochi per riempire quell'abitazione che pullula di ripiani e credenze. La parola “Spazzini” pronunciata da Poppy la investe quasi per caso mentre la destrorsa sta raccogliendo una foto incorniciata, che ritrae un gruppo di persone che sorridono e parlano tra di loro dinnanzi alla Piramide di Chefren; proprio quella parola porta il braccio a bloccarsi a mezz'aria, le sopracciglia si sollevano impercettibilmente mentre lo sguardo nocciola viene automaticamente puntato in direzione della radio. Il movimento che segue è rapido, fluido; due falcate perfettamente calcolate che portano la sua figura dinnanzi a quell'oggetto, la mano libera armeggia con la manopola con il chiaro intento di alzare il volume. < Solo uno su due…> è il primo mormorio che fuoriesce dalle labbra leggermente dischiuse; rimane in ascolto con i polpastrelli della man dritta che premono ancor di più sulla cornice che sostengono fino a sbiancarsi appena. Un intenso fastidio di cui Isa, tracciata in corrispondenza del suo addome, impedisce il tramutarsi in un impeto di collera < …uno su due > si ripete e il mormorio risulta più controllato, complice un profondo sospiro che giusto adesso va a gonfiarle le narici. Continua a rimanere in ascolto in quella posizione plastica che la descrive in stazione eretta, con un braccio sollevato a sostenere la cornice e i polpastrelli dell’altro bloccati intorno alla manopola del volume < Cooper. Soulbrandt. > ripete quei cognomi per memorizzarli, storpiandoli appena per via di quella “r” alla francese che proprio non riesce a farsi andar via. Le sopracciglia s’avvicinano poi tra loro ad emulare un’espressione riflessiva quando si va a parlare della fuga dei due e dell’anomalia del campo elettromagnetico; lo sguardo color nocciola si solleva verso l’alto, esasperato, quando gli speaker rendono omaggio al morto con una canzone anziché fornire un qualunque altro dettaglio sulla vicenda. Cambia stazione e porta nuovamente il volume ad un livello più basso; ritornerà alle sue faccende ma la precedente smorfia compiaciuta svanirà dai lineamenti del suo volto, facendo spazio ad un’espressione più riflessiva e seriosa.
     
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