[aula sotterranei] Falso come le banconote di galeoni

Sophie + Aryan

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  1. Aryan:
     
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    Non ascolta molto i commenti che si possono fare alle sue spalle, anzi quasi non ci fa caso, tanto ormai è preso dall'idea di volersela svignare il prima possibile, quindi quando ritorna con il sorriso falso e radioso verso la sua collega, ha pure il timore che gli possa venire una paralisi facciale per mantenere quell'espressione troppo a lungo: deve fuggire da lì.
    Al «vamos», però, sobbalza di lato.
    «Che razza di incantesimo è?» domanda con occhi sganati, cercando di capire cosa possa uscire dalla bacchetta sguainata dell'altra. Perdonatelo, lui lo spagnolo non lo conosce, quindi deve essere per forza un incanto o una maledizione, visto che Sophia impugna pure la bacchetta.
    «Me gusta cheee?» il cheee è molto acuto. «Ma come parli, scusa?»
    Nella sua vita ha appreso altre lingue e non ha bisogno di conoscerne altre. Tutte quelle che sa è perché gliele hanno insegnate dalla nascita o per sopravvivenza, perché quando è andato a Uagadou si è dovuto adattare ad imparare pure altri due idiomi per farsi comprendere e, soprattutto, capire gli altri.
    Per il resto, ascolta la spiegazione di Sophia e annuisce. Sembra una cosa semplice, detta così, perciò lui la prende come tale. È qualcosa di cui ha sentito già da qualche professore nella sua precedente scuola, perciò non deve essere poi così arduo come compito.
    «D'accordo, tutto chiaro» le fa alla fine.
    Mette la bacchetta davanti a sé e si concentra su uno degli elementi che gli è più affini: il fuoco. Non lo immagina, lo sente dentro, che cresce e divampa più grosso di quello di un focolare e che assomiglia di più ad un incendio. È un fuoco che non ha molta libertà d'azione, circondato dall'acqua e dal cemento, è un fuoco che non si può appigliare a del fogliame secco o a della vegetazione non bagnata o a della carta, ma c'è ed è vivo, pronto a sconfiggere qualsiasi cosa. Cresce dal ventre, gli fa battere forte il cuore e poi si irradia su ogni muscolo e ogni vena, oltre al sangue, porta il calore di mille fiamme.
    Lui non pensa al fuoco, lui è il fuoco.
    Con la punta della bacchetta, il braccio teso davanti a sé, disegna un triangolo con il vertice verso l'alto, mentre lo sguardo incendiato si fissa sul muro che ha davanti. Sophia gli è proprio accanto, che riesce a richiamare l'aria e i suoi filamenti eterei, mentre lui pronuncia: «Fuoco».
    E così, anche per lui, un vortice di fuoco si materializza tutto attorno a lui, come dei grandi festoni frenetici fatti da fiamme calde e ustionanti.
    «Wooo! Fico!» esclama, lanciando un sorriso, stavolta sincero, alla ragazza. «Dai, rimaniamo concentrati!» è carichissimo!
     
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13 replies since 14/6/2018, 21:10   188 views
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