[Metropolitana>Hogsmeade] Gli occhi del Cacciatore

Mikael + Eve

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  1. Eve A. Le Querrec
     
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    Ascolta le prime parole che l’altro va a donarle in risposta ed istintivamente le labbra rosee si costringono a puntarsi l’una sull’altra per trattenere un riso ilare, che comunque va ad impregnare con la sua luce lo sguardo ambrato che la francese si ritrova < Questo lo sento dire molto spesso. E nella maggior parte dei casi, da persone che non sanno neanche cosa vuol dire volere qualcosa >e nell’occhiata che gli rivolge si può notare come in realtà non voglia sminuire il suo parlare in alcun modo, tant’è che le labbra ancora dischiuse andranno a rivolgergli uno dei suoi soliti sorrisi fugaci e sghembi < Se quello che vuoi per te coincide con quello che l’universo vuole per te puoi rallegrarti. La tua esistenza non sarà sprecata > a seguito delle quali le labbra andranno a richiudersi morbidamente, concludendo quei discorsi dall’esordio leggero con un’aria permeata di serietà e fermezza neanche volesse condividere con l’altro qualcosa che per lei è assoluta certezza. Ora è nuovamente Mikael colui che ha ripreso le redini dei discorsi; si parla di quelle metafore inerenti le chiavi e gli armadi e lei si limita ad ascoltare in silenzio, con le dita che vanno a congiungersi tra di loro all’altezza dei glutei e con una barretta al burro d’arachidi che ancora viene distrattamente passata da una mano all’altra. < Certo che chiederò qualcosa in cambio, ma esporre una richiesta sin da subito sarebbe da sciocchi. Non ti conosco, rischierei di chiedere cinquanta ad una persona che può darmi cento e sprecherei un’opportunità > non si fa problemi a condividere quel ragionamento che è semplice quanto crudo; qui la testa riprende a ciondolare verso destra con i boccoli castani che accompagnano il movimento con un sinuoso smuoversi. Proverà ora a riprendere contatto con lo sguardo azzurro dell’altro, in quel comportamento che può permetterle di studiare al meglio chi ha dinnanzi senza preoccuparsi di apparire sconveniente; la lunghezza dello sguardo è una regola d’etichetta che è cara soprattutto a quella cultura purista a cui lei appartiene solo in parte e che, in ogni circostanza, ha deciso di rifiutare da ormai molto tempo. < Anche > questa poi è l’unica parola che va a rivolgergli a conferma in merito al suo parere sui segreti; il riflettere la spinge a puntare nuovamente la lingua contro il labbro inferiore ed infine, quando sembra essersi veramente convinta dell’opinione altrui, il mento viene leggermente sollevato in sua direzione come a volersi silenziosamente congratulare. Quando poi la raggiunge la battuta sull’eletto, le labbra si schiudono appena per permettere la nascita di una breve risata che è divertita e pungente al contempo < In quel caso ti avrei fatto un complimento certo, date le accezioni positive che sono a lui attribuite. Sopravvissuto è un termine più sottile, ambivalente quasi. Chi sopravvive ad una situazione complicata o è maledettamente bravo o è maledettamente spregiudicato. Non penso tu sia mai stato dentro una piramide…ma sono certa che capirai comunque > accompagna le ultime parole con un annuire deciso del capo, come a volerle rendere più veritiere. Questa leggerezza viene accantonata ora che si torna a parlare degli Spazzini e della gita fuori porta a cui Mikael sta già pensando per il futuro; Mikael che fa menzione dei lividi che sono in fase di guarigione e Indicibile che inevitabilmente permette allo sguardo ambrato di percorrere la linea del collo altrui, fino ad individuare quelle macchie violacee nel momento in cui lui va a sollevare il mento per renderle visibili < Mh. Sentirsi soffocare. Brutta sensazione > commenta così quella situazione assolutamente non curandosi del danno estetico e del dolore che a quei lividi si potrebbero collegare, neanche a voler sminuire questi dettagli in favore di qualcosa che potrebbe ricordare come spiacevole esperienza pregressa. Sono questi gli attimi in cui lei, nel farsi riflessiva in merito agli Spazzini, subisce l’influsso del triangolo runico che spegne un accesso di rabbia sul nascere; quel suo improvviso farsi inanimata viene in parte percepito da Mikael ma lei è persa nei suoi pensieri e, al momento, non sembra neanche aver prestato attenzione a quel rumoroso mugugno che l’altro ha portato in essere. Con lui e Procione s’accompagnerà quindi al di fuori dal Ministero e così alla metropolitana fino a salire in treno, a seguire l’Obliviatore in quello scompartimento dove i discorsi potranno riprendere senza un’eccessiva presenza di orecchie indiscrete. I primi movimenti che vengono compiuti sono quelli che la portano a raggiungere il posto che si trova esattamente dinnanzi a Mikael e vicino al finestrino; s’accomoda lisciando con le mani le stoffe della gonna, che poi si solleva di qualche centimetro nel momento in cui va ad incrociare le gambe, rivelando l’estremità del cosciale contenente la bacchetta magica che aderisce alla perfezione contro la cute della coscia destra. Lei ascolta i ragionamenti che l’Obliviatore condivide nel mentre che mangia un dolcetto; si concede qualche attimo di riflessione prima di modulare le seguenti < Sai usare quelle che i babbani chiamano armi da fuoco? > prosegue in quel suo modo di porsi che è schietto e deciso; lo sguardo ambrato si fa più penetrante e tagliente ora che la sua mente è interamente concentrata su quanto sta riflettendo e proferendo al contempo < Prima, in ascensore, hai detto che vuoi tornare là. Non serve solo un permesso ma un piano di fuga e un modo di difendersi che sia valido senza prevedere la magia. Uno lo hai ucciso. L’altro lo avete fatto fuggire…credo con la lingua al suo posto. > e per assurdo sembra quasi tentennare su quelle ultime parole, come se volesse quasi chiedere un’implicita conferma circa quella sua scontata deduzione < Quindi potrà descrivervi agli altri. Si accaniranno su di voi, siete già due persone molto esposte > passa dal “tu” al “voi” perché ora, in realtà, ha preso a considerare anche l’altra superstite di cui ha semplicemente sentito il cognome alla radio. Le ultime parole dell’altro, infine, la costringeranno a sollevare appena le sopracciglia come ad imitare una fugace espressione sorpresa < No, non lo sono > parole che sgusciano da quelle labbra in un mormorio sommesso, con lo sguardo ambrato che nuovamente s’è fatto riflessivo in quell’attenta analisi che continua ad eseguire dell’altro.
     
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