Aria d'estate

-Eva Cooper

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    I Feel like a Monster

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    Mordred era seduto su una delle panchine del piccolo parco che si trovava in Low Avenue, nel quartiere di Blacklake. A dire il vero non era un vero e proprio parco, quanto più un piccolo angolino di verde, che aveva resistito all'inurbamento sfrenato che aveva seguito la caduta dello Statuto di Segretezza, costringendo i maghi in quella che era una vera e propria clandestinità, segregazione. Sbuffò, buttando leggermente indietro la testa, mentre abbassava i fogli che era intento a leggere sulle cosce fasciate nei jeans chiari. Nonostante fosse un docente dell'Accademia da poco istituita, Mordred non sentiva affatto il bisogno di farsi riconoscere come i suoi colleghi, che di solito vestivano in maniera impeccabile con dei completi gessati. Escludendo il fatto che il gessato non era proprio l'indumento più adatto per la materia che insegnava, con il caldo afoso temprato solo dalla frescura che proveniva dal Lago Nero aveva optato per qualcosa di più comodo e consono alla sua passeggiata.
    Con una bella giornata di sole come quella, Mordred non aveva affatto voglia di restare chiuso all'interno del suo studio a correggere i compiti dei suoi allievi, così aveva deciso di svolgere il proprio dovere di insegnante all'aperto, recandosi in quel piccolo angolo di verde che a lui piaceva moltissimo e gli ricordava di quando ancora attorno al villaggio sorgeva quella che poteva essere chiamata una vera e propria Highland scozzese.
    Da qualche tempo era cambiato tutto e la città aveva subito un fortissimo inurbamento, tanto da sovraffollare il centro abitato. Hogsmeade non era fatta per accogliere tutte quelle persone e presto, se fossero continuati ad affluire maghi e streghe, temeva che avrebbero dovuto far sorgere un ulteriore villaggio, o espandere quello attuale ben oltre i confini stabiliti. I capelli scurissimi gli contornavano l'ovale del viso: indossava una camicia celeste chiaro che faceva da contralto al colore più scuro dei suoi pantaloni. Le palpebre del giovane si assottigliarono leggermente mentre osservava il cielo terso, e stirò involontariamente i muscoli delle gambe con un profondo respiro atto a riempire il più possibile i polmoni. Troppo tardi l'insegnante si rese conto di avere i compiti non accanto a lui, ma proprio sulle sue cosce.
    < Per tutti i tuoni alati! >
    Escalmò contrariato dalla sua stessa stupidità, mentre raddrizzava la schiena appena inarcata all'indietro e la destra si protendeva per catturare i compiti che stavano scivolando lungo le sue tibie. Riuscì ad afferrarne la gran parte, ma un paio di fogli vennero sollevati dalla lieve brezza e, sospinti da questa, finirono a coprire le pagine di un libro di una ragazza seduta poco distante. Stringendo le labbra e rimproverandosi mentalmente per il suo atto maldestro, raccolse i fogli di pergamena in un piccolo blocco che pose nell'incavo dell'ascella sinistra e si alzò, facendo cigolare appena il legno della seduta, per poi dirigersi a passo tranquillo verso la ragazza, pronto a presentarsi e a fare le sue dovute scuse
    < Vi chiedo scusa se vi disturbo, ma i fogli.. La brezza me li ha fatti volare via dalle ginocchia >
    Continuò. A primo acchito, la figura della ragazza ora davanti a lui non sembrava essere una studentessa dell'Accademia. O probabimente Mordred non se la ricordava, il che era plausibile visto che era entrato solo da poco all'interno del corpo docenti e doveva ancora fissare nomi e volti dei ragazzi del suo corso. Figurarsi, quindi, se riusciva a ricordare tutti quelli che frequentavano quella sorta di università magica e che frequentassero corsi diversi da quello da lui insegnato, per paragonarla agli studi babbani.

    Edited by Mordred Nathanel McLaggen - 5/6/2018, 11:47
     
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  2. Eva Cooper
     
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    Aveva scelto di trascorrere la mattina libera in quello stesso parco, in quel posticino riservato che in qualche modo poteva aiutarla a trovare una certa pace dei sensi. Sensi che ultimamente faticavano a mantenersi al di qua della soglia di pericolo, quella instabilità emotiva dovuta agli ultimi avvenimenti disastrosi che la costringevano a far appello alla resilienza della quale era dotata.
    Non era stato facile accettare quel cambiamento e tantomeno lavorare per assecondarlo: era stato suo compito, insieme a quello degli altri Auror del dipartimento, assicurare che la popolazione magica potesse essere condotta in salvo successivamente al crollo dello Statuto di Segretezza.
    Era consapevole della condizione di precarietà e di pericolo imminente che tutti loro stavano vivendo e sentiva su di sé il peso di enormi responsabilità. Non le era mai dispiaciuto, poiché da sempre si era rivelata ligia al lavoro, una stacanovista capace di donare l'anima per le persone innocenti e bisognose di aiuto ma, ultimamente, cominciava a dubitare della sua forza interiore.

    Dunque proprio per questo aveva deciso di dedicare qualche ora unicamente al proprio benessere intellettivo, in un modo che probabilmente solo un ex Corvonero avrebbe potuto definire rilassante: si era seduta sulla prima panchina libera e aveva estratto da sotto braccio un grosso librone di Incantesimi, uno di quelli molto simili a quelli che gli studenti di Hogwarts erano soliti utilizzare, ma decisamente più avanzato. Si trattava infatti di una documentazione approfondita sui migliori incantesimi difensivi e sulla loro possibile sinergia. Il librone in questione poggiava sulle gambe della giovane donna, coperte da un paio di pantaloni di un leggero tessuto nero, caratterizzati da due tasche laterali completamente vuote. Dalla cintura pendeva il fodero contenente la sua bacchetta, celata all'interno di quest'ultimo e quindi impossibilitata dal mostrare le sue fattezze, mentre invece la parte superiore del suo corpo era avvolta in una camicia bianca maniche lunghe - arrotolate fino al gomito - leggermente sbottonata. Un corpo snello quello dell'Auror, eppur delineato da forme sinuose e femminili sparse nei posti giusti: era bella, di una bellezza che non passava inosservata e che a tratti poteva apparire quasi disumana. Era capitato che qualcuno perdesse la concezione del tempo nel fissare i lineamenti di porcellana della Cooper - pelle diafana del volto sormontato da due grandi occhi dalle iridi azzurrine - ma tuttavia nessuno aveva mai evidenziato gli effetti di un potere sovrannaturale. Ormai, alla soglia dei ventisette anni, era praticamente convinta di non aver ereditato il sangue Veela dalla madre, quel sangue che avrebbe rappresentato per lei una vera e propria maledizione considerato come la donna l'aveva abbandonata alle cure del padre subito dopo la sua nascita.
    Era talmente concentrata a leggere le prime pagine di quel volume poggiato sulle cosce, che si rese conto troppo tardi dei fogli in fuga dal suo proprietario: alzò lo sguardo mentre un paio di questi si posavano proprio di fronte a lei sulla pavimentazione sottostante. Senza alzarsi la si poté osservare prodigarsi nell'afferrare i fuggitivi, schiena inarcata in avanti e mancina ad acchiapparli entrambi. Si rimise quindi dritta rendendosi conto che Mordred l'aveva ormai raggiunta e, dunque, fu più semplice per lei spostare il braccio - con annessi fogli ben stretti nella mano - verso di lui.

    < Non dovete preoccuparvi > rispose aggiungendo anche un sorriso cortese. La voce della donna dai lunghi capelli color del grano, talmente lunghi da raggiungere il fondoschiena, risultava particolarmente melodiosa e dolce, non vi era traccia di tonalità troppo acute o cantilenanti. < Questi sono vostri > aggiunse lanciando un'occhiatina ai fogli stessi, salvo poi puntare nuovamente le iridi chiare su di lui e inarcare un sopracciglio < Siete un professore? > domandò quindi ricercando il contatto visivo con gli occhi altrui: era sua abitudine quella di guardare le persone così direttamente, con una certa sfacciataggine della quale andava in realtà parecchio fiera.
    < Siete giovane però > obiettò, stendendo le labbra in una espressione poco convinta che, dopo alcuni istanti, si trasformò invece in una decisamente più divertita < Quando frequentavo Hogwarts non c'erano professori così carini. Un vero peccato > . Si strinse subito dopo nelle spalle, andando ad appoggiarsi per essere più comoda allo schienale della panchina attenendo in silenzio che lui recuperasse i suoi fogli.
    Era un problema dell' Auror l'eccessiva sincerità: quando pensava qualcosa doveva dirla, tranne quando ovviamente si trattava di mantenere la bocca chiusa per questioni di lavoro o compiti di segretezza.
     
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1 replies since 5/6/2018, 10:18   81 views
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